Metodi educativi a prova di bomba
Rileggendo il sottotitolo sorrido, perchè mai parole furono più veritiere e vi spiego il perchè.
Mia nonna era una donna di campagna indurita dalle prove della vita. Era una di quelle persone all’apparenza fragili ma, che all’occorrenza, esibiva un carattere non sempre piacevole.
Io e Marinella, tra le altre, abbiamo anche la fortuna/sfortuna di avere in comune la stessa situazione in fatto di figli. Sarà che sono nati il 26 con qualche mese di differenza, sarà il caso, però i nostri due pargoli amano la vita non convenzionale e i viaggi alternativi.
Così ecco che qualche mese fa cercavo di rassicurare la mia amica quando sua figlia ha deciso di seguire il sogno di lavorare in Africa con un’organizzazione umanitaria e… “sbam!” eccomi qua a cercare rassicurazioni dopo che mio figlio ci ha comunicato di aver lasciato un buon lavoro, Londra, e aver deciso di prendersi sei mesi “sabatici” per viaggiare zaino in spalla per l’Asia orientale. Certo i nostri ragazzi sono più vicini ai trenta che ai vent’anni, ma si sa la mamma è sempre la mamma.
Ora cosa c’entra questo con mia nonna? C’entra… c’entra… E’ a lei che ho pensato quando Marinella mi parlava dei suoi timori e sempre a lei quando il mio ragazzo mi ha comunicato i suoi progetti.
Dovete sapere che avevo uno zio che al tempo della seconda guerra mondiale era un ragazzo abile al servizio militare, ma essendo il più grande di quattro fratelli venne esonerato dal partire per il fronte. Questa cosa però non lo aveva reso particolarmente orgoglioso e fu così che un giorno comunicò alla famiglia di aver deciso di unirsi ai partigiani.
Non lo avesse mai detto: nonna Angelina, che era alta un metro e cinquanta e quando si arrabbiava faceva comunque tanta paura, cominciò a fare fuoco e fiamme per cercare di convincerlo a restare, ma zio Giovanni era determinato a partire.
Come sappiamo, i partigiani non operavano alla luce del sole e quindi mio zio aveva preso accordi per ritrovarsi in un dato luogo in una data ora. La mattina si era alzato all’alba, e non so esattamente la dinamica del fatto, ma mia nonna con una poderosa zoccolata alla testa l’aveva tramortito facendolo svenire.
Quando si riprese il convoglio era passato insieme alla sua carriera di partigiano e salvatore della patria. Quante volte abbiamo riso di questa storia, soprattutto guardando mia nonna, ormai anziana, indifesa e persa in un mondo tutto suo, che ci osservava con occhi dolci e biricchini!
Quando ho consigliato questo metodo a Marinella ho visto una certa consapevolezza nello sguardo della mia amica, mentre mi ha fatto ridere lo sguardo scandalizzato di sua figlia.
– “Nooo, non si fa, non è giusto!”.
– “Forse no”, ho pensato… ma a noi i mesi di vita persi a stare in pena per loro chi ce li ridà?
Vado a cercare uno zoccolo.