… e niente vasca
Come ho raccontato in un precedente articolo (Un’infanzia turbolenta) da bambina frequentai solo l’ultimo anno di asilo, perché non ci volevo andare e mio padre, geloso della sua bambina, assecondò quel capriccio.
Decisero di iscrivermi l’ultimo anno, perché si resero conto che avevo bisogno di socializzare ed anche per cercare di “addomesticarmi”.
Lo frequentavo solo al mattino, ma lo odiavo: non mi piacevano le maestre, alle quali “sentivo” di non essere simpatica, non mi piaceva correre nel salone a tempo di pianoforte e in mensa c’erano bambini che quando mangiavano si spiaccicavano il formaggino ovunque e io… davo di stomaco.
La cosa che però odiavo di più era il simbolo che mi era stato dato per riconoscere i miei effetti personali: una vasca da bagno. Gli altri bambini avevano loghi con orsetti, uccellini, casette e fiori… io no… la vasca da bagno. La ricordo perfettamente: una vasca con, a lato, la piantana con il doccino in punta. Come dimenticarla? Era cucita ovunque e spesso le maestre mi appellavano in quel modo: vasca. Anche i miei genitori, così come la nostra commessa, mi prendevano in giro: ” Vasca dove sei? Vasca vieni qui!”. Tempi duri!
I genitori sapessero i traumi che causano ai figli!
Mi nascondevo negli scatoloni sul retro del negozio per ritardare il momento di andare in quella che consideravo una prigione e quando suonava il telefono speravo che fosse la mestra che diceva che era stato indetto uno sciopero.
La cosa peggiore era quando mia madre si dimenticava di venire a prendermi. Vi assicuro che lei mi amava, ma era molto giovane e impegnata e probabilmente non si accorgeva del tempo che passava e più di una volta mi ritrovai sola nell’androne della scuola a scrutare con ansia il portone nella speranza di vederla.
Una volta, non so come feci, uscii e me ne tornai a casa da sola. La struttura si trovava abbastanza lontana da casa e io attraversai due corsi molto trafficati e arrivai al negozio dove mia madre, appena avvertita dalla scuola, mi diede una ripassata e mi mise in castigo!
Frequentai tre mesi la scuola materna e poi mi ritirarono su consiglio del dottore dopo diversi episodi di “acetone” (che non ho mai capito bene cosa fosse).
Vi assicuro che tutto ciò non mi è stato raccontato: lo ricordo perfettamente! Ancora oggi, quando passo davanti alla grande scuola su corso Alcide de Gasperi, non posso non provare una grande tenerezza e solidarietà per quella bambina spaventata.
ricordi che rimangono indelebili nella mente. L’asilo non l’ho frequentato. Non erano i tempi. Però ricordo la prima elementare dalle suore. Uno strazio. Non impari nulla e feci di tutto per farmi cacciare con grande mio sollievo. Però quell’anno sprecato è stato un fardello grosso da portare.
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Ovviamente adesso ci ridiamo su, ma il fatto che il ricordo sia così vivido, vuol dire che certe esperienze hanno grosso impatto sulla psiche di una persona
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certo che ricordo tutto e questo vale per te. Ed è vivido. Ricordo l’aula, i compagni, la suora che stava in cattedra eppure avevo sei anni.
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l’acetone è un disturbo passeggero che provoca vomito, mal di pancia e mal di testa accompagnata a spossatezza e l’alito ha un odore forte di frutta matura….
credo bene che quel medico fu il tuo salvatore!
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Lo so… eccome se lo so! 😃
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Anch’io ho frequentato poco la scuola materna… ho il ricordo di un corridoio fiancheggiato da armadi altissimi sopra i quali erano accumulati dei giocattoli. Le suore non ce li facevano toccare!
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Era un’abitudine: per non farceli rompere non c’è li facevano usare!
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😀 😀 😀
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